Assisi – Basilica di San Francesco
Subito dopo la morte di Francesco e la sua tumulazione nella chiesa di San Giorgio, si cominciò a pensare ad un luogo sacro che potesse degnamente accogliere e custodire nel tempo le sue spoglie mortali.
Quindi, già dal giorno successivo alla sua canonizzazione, il 17 luglio 1228, Papa Gregorio IX pose la prima pietra dell’imponente e futura basilica. Il luogo prescelto, appena fuori Assisi in direzione nord-ovest, era chiamato “Colle dell’Inferno” perché lì venivano giustiziati i malfattori; appellativo che, con la nuova destinazione, si sarebbe trasformato ben presto in “Colle del Paradiso”. Una tradizione non trascurabile farebbe risalire allo stesso Francesco, alla sua umiltà e disprezzo di sé, la scelta di quel luogo.
Frate Elia organizzò così bene i lavori che già il 25 maggio 1230 fu possibile procedere alla solenne traslazione del corpo di Francesco dalla chiesa di San Giorgio alla nuova basilica. Quando nel 1232 frate Elia fu eletto nuovamente Ministro Generale, volle ingrandire ancora il complesso già abbastanza imponente, innalzando una seconda chiesa sovrapposta alla prima: la Basilica Superiore. Progetto che in una ventina di anni venne realizzato – sembrerebbe – sotto la direzione di maestranze d’oltralpe.
Contemporaneamente alle due chiese cominciò a prendere corpo anche il Sacro Convento, destinato a crescere ancora nei secoli successivi, all’ombra di quel campanile che svettava già dal 1239. Il complesso, oltre ad essere un capolavoro architettonico, racchiude incalcolabili tesori d’arte, dalle vetrate, alle decorazioni, all’intaglio, alle sculture e soprattutto ai dipinti. Vi lavorarono artisti quali Giunta Pisano, Cimabue, Iacopo Torriti, Giotto, Pietro Lorenzetti, Simone Martini e tanti altri che, pur esprimendosi in tempi diversi ed in mezzo ad una sterminata varietà di temi e di motivi, riuscirono ad armonizzare le loro opere in modo veramente sorprendente.
Verso la fine del ‘200 alla Basilica Inferiore furono aggiunte, lateralmente e su un piano rialzato, sempre in stile gotico, 13 cappelle che a loro volta avrebbero ospitato dei capolavori d’arte. Il 12 dicembre 1818, sotto l’altare maggiore della basilica inferiore, fu ritrovata la tomba di san Francesco. Per potervi accedere, negli anni 1822-1824 si scavò un’apposita cripta, rifinita nel 1925. Ai quattro lati della tomba del Poverello di Assisi sono custoditi i resti di alcuni dei suoi più fedeli compagni: Leone, Rufino, Angelo e Masseo.
Nella basilica inferiore, percorrendo la navata principale, si fiancheggiano le già citate cappelle sui piani rialzati; sulle pareti affreschi di Giotto, Simone Martini, Dono Doni e altri importanti autori. Nelle vele della volta sovrastante l’altare: la Gloria di san Francesco con le celebri Allegorie dei tre voti (obbedienza, povertà e castità) attribuite a Giotto. Nel braccio sinistro del transetto si trova il grande ciclo di affreschi di Pietro Lorenzetti, mentre in quello destro è collocata una delle più famose raffigurazioni del Santo di Assisi, opera di Cimabue. Inoltre, qui sono conservate alcune preziose reliquie di Francesco: una tunica, il cappuccio, i sandali, il testo autentico della Regola e l’autografo del Santo.
Con il suo slancio, la purezza delle linee architettoniche e la grande luminosità, la basilica superiore sembra esaltare la gloria di san Francesco. Completata intorno al 1253, è fra le più importanti creazioni gotiche italiane. Di Cimabue sono i vari cicli del transetto, assai deteriorati dal tempo. Nella navata spicca il grande ciclo di 28 affreschi giotteschi raffiguranti episodi della vita del Santo.
Purtroppo, il 26 settembre del 1997, una forte scossa di terremoto colpì l’Umbria e le Marche: oltre alle vittime tra la popolazione, ai danni ingenti alle abitazioni, ci anche fu il crollo di parte degli affreschi e delle volte della basilica superiore. I lunghi lavori di ricostruzione, terminati nel 2006, non sono stati facili e risulteranno incompleti. Infatti, nonostante sia riuscito il recupero di molte opere danneggiate, non è stato possibile intervenire su alcuni affreschi del Cimabue che – come detto sopra – risultavano già deteriorati dal tempo.