Ricorrenza di san Francesco
Alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta,
speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà.
Amen.
Carissimi fratelli e sorelle, pace e bene e buona festa di San Francesco!
Le parole della preghiera davanti al Crocefisso, sgorgano dal cuore di Francesco che ha 25 anni.
Francesco aveva già vissuto le guerre, quella civile ad Assisi del 1199 e poi quella tra Perugia e Assisi nel 1202.
Con la vittoria di Perugia, Francesco viene imprigionato, si ammala e dopo un anno di prigione, viene riscattato da suo padre. (1204) Dopo un lungo periodo di malattia e convalescenza nel 1205 Francesco parte per unirsi all’armata di Walter de Brienne ma a Spoleto succederà un fatto che cambierà completamente la sua vita.
Dalla Vita Seconda di San Francesco di fra Tommaso da Celano (FF 586-587):
“Subito dopo gli appare in visione uno splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie e una bellissima sposa. Nel sonno Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni.
Allora, tenta di arruolarsi per la Puglia e fa ricchi preparativi nella speranza di essere presto insignito del grado di cavaliere. Il suo spirito mondano gli suggeriva una interpretazione mondana della visione, mentre ben più nobile era quella nascosta nei tesori della sapienza di Dio.
E infatti un’altra notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce, che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone.
“Il padrone”, risponde Francesco.
“E allora – riprende la voce – perché cerchi il servo in luogo del padrone?”
E Francesco: “Cosa vuoi che io faccia, o Signore?”
“Ritorna – gli risponde il Signore – alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione”. Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza e trasformato col rinnegamento della sua volontà.”
Inizia così un periodo graduale di conversione e la preghiera davanti al Crocefisso contiene già gli aneliti di un Francesco rinnovato che già nelle prime parole invoca il Signore alto e glorioso e chiede il dono della Sua luce per illuminare le tenebre del suo cuore. Questa richiesta nasce dal desiderio di verità, dal desiderio di Dio, dal desiderio di non essere più Francesco, ma Francesco figlio, Francesco fratello, Francesco servo.
Sente il bisogno di far illuminare da Dio tutte le situazioni che animano il suo cuore: il dissidio con il padre, la violenza vista e vissuta, il perché della malattia, della morte… il salmo 35 dice “alla tua luce vediamo la luce“. Le situazioni buie della nostra esistenza possono essere illuminate e risanate solo dalla luce di verità di Dio.
Alla luce tutte le ombre si dileguano e Francesco con il cuore aperto e pronto continua: “dammi una fede retta”, riconosce che la fede è un dono del Signore e diventerà per Francesco una relazione profonda col Signore, una unione intima di completa figliolanza.
Francesco chiede questa fede “retta” diritta, che non sbandi alla prima traversia, di fronte al dolore, alla seduzione della mondanità, che non si aggrappi agli idoli del proprio io ma che rimanga salda, diretta e costante, in relazione con l’Unico e Vero Dio Padre. Il Signore costruirà per Francesco una fede fatta di fiducia e di totale abbandono, lo farà spogliare di se stesso e lo riempirà immensamente della Sua presenza.
Dal Testamento leggiamo: “Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo.”
Questa frase che sembra rappresentare un distacco dal mondo in realtà racchiude il senso della sua vita: Francesco non era mai stato così vicino ai poveri, ai lebbrosi, alla Chiesa.
Vicinanza spirituale fatta di preghiera e lunghi digiuni, purificazione del proprio egoismo e offerta per tutti i fratelli del mondo e vicinanza fatta di presenza fisica, di cure, di attenzioni, di affetto, di amore. Verso tutti i figli di Dio, Francesco abbracciava tutto il mondo riconoscente a Dio per il Creato che sentiva così creazione perfetta del Signore e tutto diventava dono: i primi fratelli che si unirono a lui, tutti gli uomini, tutto il Creato.
La speranza allora diventa certezza. Sono molto profondi questi termini che sembrano rappresentano due tempi diversi: la speranza nel futuro e la certezza che si può avere solo oggi. Francesco chiede la speranza certa. In realtà la sta già vivendo su questa terra, sa già che ciò che vive nel suo cuore, si sta realizzando totalmente nell’unione con Dio.
Ed è proprio questa certezza che lo spinge a chiedere una carità perfetta, che comprenda tutti e non escluda nessuno, che arrivi al centro del bisogno, che sia misericordiosa, che non giudichi ma che soltanto ami e si doni totalmente. Perfetta, come è Perfetto il Padre Nostro che è nei Cieli. La carità perfetta che Francesco chiede al Signore è quella che non ha paura, non teme di sbilanciarsi troppo, di “sporcarsi le mani”, è quella che raggiunge il cuore, qualunque problema abbia, lo colma di amore, di perdono, lo colma di Dio.
Anche noi, terziari francescani, nel cammino di conversione che viviamo nell’Ordine Francescano Secolare sulle orme di san Francesco alla sequela di Cristo, chiediamo la Grazia dello Spirito Santo, l’intercessione della Beata Vergine Maria e la fraterna comunione per raggiungere la perfezione della carità cristiana e siamo chiamati ad impegnarci per questo: a vivere la perfetta carità nelle relazioni e nelle situazioni della nostra vita, come elemento indispensabile per l’unione con il Signore.
La nostra Formula di Professione riporta: “Io, …, poiché il Signore mi ha dato questa grazia, rinnovo le mie Promesse Battesimali e mi consacro al servizio del suo Regno. Perciò prometto di vivere nel mio stato secolare per tutto il tempo della mia vita il Vangelo di Gesù Cristo nell’Ordine Francescano Secolare, osservandone la Regola.
La grazia dello Spirito Santo, l’intercessione della beata Maria Vergine e di san Francesco e la fraterna comunione mi siano sempre d’aiuto, affinché raggiunga la perfezione della carità cristiana.”
Per poter vivere e conservare questi doni, Francesco chiede al Signore il bene dell’umiltà non superficiale ma che scavi dentro il suo essere e raggiunga profondamente tutti gli anfratti che racchiudono orgoglio, egoismo, narcisismo, paura, desiderio di potere, di primeggiare, di sentirsi superiore agli altri. Se così non fosse Francesco sarebbe caduto in un grande inganno verso se stesso e i fratelli, invece Francesco ha rifulso per la sua umiltà e per questo si è reso piccolino e servo di tutti, svuotato di se stesso e riempito di Dio, che gli ha impresso nelle mani, nei piedi e nel costato le ferite della Salvezza.
Carissimi, oggi è il 4 ottobre di ogni anno è stato dichiarato oltre che “solennità civile e giornata per la pace, per la fraternità e il dialogo fra le religioni” anche giornata del dono. Un giorno che segni l’inizio di uno stile di vita fatto di donazione di se stessi, oltre che delle cose o del denaro, di donazione del proprio tempo e dei doni che il Signore ha affidato ad ognuno di noi.
La vita di Francesco che dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vide corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo Corpo e il santissimo Sangue Suo, che visse il Vangelo sine glossa, alla lettera, ci sia sempre di esempio e segni il nostro cammino perché anche noi come lui possiamo dire: “Altissimo, onnipotente bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’onore et onne benedictione. A Te solo, Altissimo, se konfano, e nullo homo ne è digno te mentovare. Laudato sii, mi’ Signore.” A Lui lode, gloria, onore per tutti i secoli dei secoli.
Fiorella Patané [Ministro Regionale O.F.S. Liguria]